Piscina in zona di vincolo paesaggistico: è legittimo il diniego?

La realizzazione di piscine costituisce sempre un tema controverso.

Tanto più in zona di vincolo paesaggistico.

La vicenda in commento trae origine da un parere negativo reso dalla Soprintendenza, poi seguito dall’inevitabile diniego emesso dal Comune di Castiglione della Pescaia, in relazione a un progetto di piscina fuori terra di circa 50 mq, da edificarsi quale pertinenza di un’abitazione sita in Punta Ala.

Sostenendo l’inidoneità della piscina ad alterare la percezione visiva del paesaggio, in quanto visibile solo dall’alto, l’interessato aveva dapprima proposto ricorso avanti il TAR Toscana, che aveva però rigettato il gravame.

Al contrario, il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza del 4.8.2025, n. 6893 (link) ha accolto le deduzioni della proprietà, accertando l’illegittimità del diniego.

Nello specifico, dopo aver osservato come il parere negativo della Soprintendenza “nonostante la lunghezza espositiva” si fosse limitato (come spesso accade nella prassi) a trascrivere, con poche rielaborazioni, le prescrizioni contenute nella scheda di paesaggio, ha ribadito che la p.a. “non può limitarsi a esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell’area interessata dall’apposizione del vincolo” (Cons. Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2016, n. 5108; Id., 27 luglio 2023, n. 7206; Id., 14 febbraio 2024, n. 1504).

Né, sempre secondo il Consiglio di Stato, sarebbe dato comprendere perché l’intervento “non risulti armonico per forma, dimensioni, orientamento, con le caratteristiche morfologiche proprie del contesto territoriale in quanto riduce l’area di pertinenza non edificata”, poiché “la mera riduzione dell’area verde del giardino pertinenziale, essendo l’effetto proprio di qualunque tipo di edificazione, non può costituire ex se un ostacolo alla realizzazione dell’opera”.

E nemmeno sarebbe stato esplicitato come mai l’intervento “determinerebbe una modificazione dell’assetto percettivo, scenico o panoramico, soprattutto dall’alto, attraverso l’inserimento di un elemento estraneo nell’ambito paesaggistico tutelato”, non essendo chiaro quale “specifico panorama possa essere compromesso dall’opera, emergendo, piuttosto, che l’unica visuale da cui la piscina sia percepibile sia quella dall’alto”.

È stata reputata poi corretta l’osservazione dell’appellante, secondo la quale il vincolo avrebbe natura “panoramica” e mirerebbe a preservare il godimento delle bellezze del luogo da parte dei possibili osservatori, perciò – come precisato sia nel decreto impositivo del vincolo sia nell’art. 136, co. 1, lett. d), d.lgs. 42/2004 – da punti di vista “accessibili al pubblico“.

Da qui, la conclusione che “non è possibile ritenere un intervento edilizio incompatibile con un vincolo panoramico in quanto visibile solo dall’alto”.

D’altro canto, “pressoché tutte le costruzioni sono suscettibili di essere percepite da una visuale aerea, sicché, ove la visibilità dall’alto fosse considerata ex se in contrasto con il vincolo, questo impedirebbe ogni forma di edificazione. Ne deriverebbe uno snaturamento del vincolo, che, da panoramico, diverrebbe di inedificabilità assoluta”.

Di conseguenza, “la mera visibilità dell’opera dall’alto, slegata dalla presenza in loco di particolari punti di osservazione sopraelevati, accessibili da un comune osservatore, non è sufficiente a ritenere l’intervento edilizio interferente con i valori paesaggistici protetti dal vincolo”.

In definitiva, è indubbio che “la piscina progettata … non sia percepibile se non da una visuale aerea”, anche perché “lo stato di progetto… mostra una piscina rettangolare inserita in un giardino perimetrato da una siepe e contornato da alberi, dunque notevolmente occultato allo sguardo del comune osservatore.