Proposta di acquisto condizionata all’ottenimento del mutuo: no alla provvigione

Brutte notizie per gli agenti immobiliari.

Capita sempre più spesso, infatti, che le proposte di acquisto vengano subordinate dai proponenti al conseguimento di un mutuo da parte dell’istituto di credito.

Ma cosa accade se, pur essendo ottenibile il finanziamento, i proponenti invochino poi la clausola in via strumentale per sciogliersi da ogni vincolo contrattuale? Magari anche solo perché hanno nel frattempo individuato un altro immobile da loro più gradito?

A questi interrogativi ha dato una risposta l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. II, del 10.7.2024, n. 18953 (link), gelando le aspettative dei mediatori immobiliari.

In una articolata vicenda che aveva visto la promissaria acquirente, dapprima, soccombere avanti il Giudice di Pace e, in seguito, uscirne vittoriosa avanti il Tribunale di Sassari, l’agenzia immobiliare ha visto rigettata la propria richiesta di ottenere la provvigione benché avesse dimostrato che “un funzionario di un istituto di finanziamento (Banca Credem) aveva provveduto a comunicare ad un familiare della opponente l’avvenuta emissione di un «pre-parere favorevole»”.

Non solo, l’agenzia aveva altresì documentato come la proponente avesse “avviato, nello stesso periodo in cui avrebbe dovuto dare impulso alla pratica di finanziamento, trattative per l’acquisto di un altro immobile, tanto da aver stipulato altro contratto di compravendita in data 16 maggio 2016 per un altro immobile sito in Sassari”.

Due circostanze decisive, dunque, che avrebbero potuto palesare la sostanziale sopravvenuta perdita di interesse alla stipula del contratto definitivo (come talvolta accade nella prassi), certo non compatibili con il richiamo alla condizione sospensiva del mancato ottenimento del mutuo.

Da qui la tesi dell’agenzia immobiliare, secondo cui “il contratto sottoposto a condizione potestativa mista è comunque soggetto alla disciplina di cui all’art. 1358 cod. civ. e perciò all’obbligo di comportamento secondo buona fede in pendenza di condizione, a pena dell’applicazione della finzione di avveramento ex art. 1359 cod. civ.; gli elementi rappresentati d’altronde “dimostrerebbero che l’acquirente non aveva più interesse al verificarsi della condizione e in tal senso avrebbero dovuto essere ritenuti rilevanti ai fini dell’applicabilità della fictio iuris”.

Sennonché la Suprema Corte, dopo aver ricordato che “al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare può ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 cod. civ., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato (in ultimo, Cass. Sez. 2, n. 31431 del 13/11/2023; Sez. 6 – 2, n. 28879 del 05/10/2022)”, ha respinto il ricorso del mediatore.

E ciò sul presupposto che “il preliminare era sottoposto alla condizione sospensiva dell’ottenimento di un mutuo bancario da parte del promissario acquirente, sicché il diritto alla provvigione, secondo il primo comma dell’art. 1757 cod. civ. sarebbe potuto «sorgere» nel momento in cui si fosse verificata la condizione (Cass. Sez. 2, n. 20192 del 2019)”.

Tuttavia, la condizione è stata qualificata come “mista”, poiché “contenente sia elementi casuali, estranei alla volontà dei contraenti, sia elementi potestativi, legati alla condotta del promissario acquirente chiamato ad attivarsi al fine di ottenere il finanziamento necessario al pagamento del prezzo»”; è stato rimarcato, quindi, che “l’assetto di interessi dedotto in contratto non consente di ritenere integrati i presupposti né dell’art. 1359 cod. civ., non avendo l’acquirente un interesse contrario all’avveramento della condizione, né dell’art. 1358 cod. civ., non avendo l’acquirente l’obbligo giuridico di attivarsi, trattandosi di elemento potestativo”.

D’altro canto, i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte statuiscono “come l’art. 1359 cod. civ., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, detti una disciplina evidentemente eccezionale che, come tale, è insuscettibile di interpretazione analogica e necessita, perciò, di una precisa ricostruzione nei suoi presupposti di operatività”.

In conclusione, rigetto della domanda e condanna alla rifusione delle spese in favore della proponente a carico dell’agenzia immobiliare.