Sottotetto in condominio: proprietà comune o del condomino?

Il tema della titolarità del sottotetto in condominio è spesso dibattuto.

Non sono, infatti, infrequenti le controversie volte alla rivendicazione di quegli spazi più o meno ampi che si pongono al di sopra dell’ultimo piano abitato.

E la giurisprudenza si è espressa affermando che, salvo che il titolo disponga diversamente, il sottotetto:

  • può considerarsi pertinenza dell’appartamento dell’ultimo piano solo qualora assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento sottostante dal caldo, dal freddo e dall’umidità;
  • deve reputarsi condominiale quando abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne un utilizzo come vano autonomo.

Sulla questione è intervenuta anche una recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 10269/2023 (link), con la quale è stata rigettata l’iniziativa del condomino che aveva rivendicato la natura condominiale di un sottotetto posto nella disponibilità dell’appartamento sottostante.

Nello specifico, è stata affermata la natura pertinenziale della porzione di sottotetto contesa, dopo aver analizzato la struttura e la funzione del bene, valorizzando al riguardo il fatto che fosse “immediatamente sovrastante l’appartamento dei controricorrenti senza debordare, non fosse facilmente accessibile se non attraverso una botola posta sul solaio all’ingresso munita di scala retrattile in metallo, fosse privo di finestre o punti luce e avesse un’altezza limitata e tale da impedire, anche nei punti più alti (mt. 1,80), il facile movimento a causa della presenza di travature in legno più basse”.

Alla stregua di tali elementi di fatto, si è, dunque, ritenuto che nel caso di specie il sottotetto, “in ragione delle sue dimensioni, delle caratteristiche strutturali, dell’assenza di finestre o affacci e della mancata dimostrazione di un diverso impiego da parte dei condomini antecedentemente all’esecuzione dei lavori, non fosse suscettibile di utilizzo come vano autonomo, siccome inadatto alla presenza di persone, e si configurasse, invece, come mero vano tecnico, con funzione di isolamento termico”.

La Suprema Corte ha, quindi, ricordato che si è costantemente espressa sostenendo che per la determinazione della natura del sottotetto si debba “tener conto, in primo luogo, del titolo e, soltanto in sua mancanza, della funzione in concreto impressa al bene, dovendo lo stesso essere considerato di proprietà esclusiva del titolare dell’appartamento dell’ultimo piano, quale sua pertinenza, quando avente la funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, fungendo da camera d’aria isolante, e, viceversa, di proprietà del condominio, quando avente dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (Cass., Sez. 2, 30.03.2016, n. 6143; Cass., Sez. 22, 28.4.1999, n. 4266) “e oggettiva destinazione concreta, sia pure in via solo potenziale, all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune …, in applicazione della presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 cod. civ., la quale opera ogniqualvolta, nel silenzio del titolo, il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi” (Cass., Sez. 2, 30.03.2016, n. 6143).