Dopo ripetuti annunci, è entrato in vigore il DL 29.5.2024, n. 69 cd. “Salva Casa” (più propriamente: “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” link).
La nuova disciplina non introduce quello che si riteneva potesse essere il 4° condono edilizio, bensì razionalizza le ipotesi di sanatoria a regime:
– estendendo le fattispecie delle tolleranze costruttive – con specifico riguardo agli “interventi realizzati entro il 24 maggio 2024” – mediante percentuali variabili dal 2% al 5% in rapporto inversamente proporzionale alla superficie utile;
– rimodellando la definizione di stato legittimo degli immobili, tanto da dare rilievo – ad alcune condizioni – anche al titolo abilitativo disciplinante l’ultimo intervento edilizio;
– riabilitando, se così si può dire, anche le ipotesi di fiscalizzazione che “concorrono” ora alla ricostruzione dello stato legittimo;
– semplificando il mutamento di destinazione d’uso senza opere, senza assoggettarlo all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi;
– introducendo una nuova categoria di sanatoria, disciplinata dall’art. 36-bis (“accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità”), con deroga al rigoroso principio della cd. Doppia conformità, ora ancorata in modo disgiunto a quella urbanistica al momento della presentazione della domanda e a quelle edilizia al momento della realizzazione dell’intervento;
– consentendo la facoltà di condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi istallati, superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Il tutto mediante una (ennesima) modifica del Testo Unico dell’Edilizia, ormai più volte rimaneggiato nel corso degli oltre vent’anni dalla sua entrata in vigore, tanto da averne snaturato l’impianto originario.
Gli obiettivi dichiarati – a dire il vero, non poco ambiziosi – sono quelli di:
– “rilanciare il mercato della compravendita immobiliare” (in effetti, appesantito da molteplici abusi storicizzati, riguardanti gli edifici ante 1967, ma anche 1977);
– “superare le incertezze applicative che rendono problematica l’attività degli enti locali, cittadini ed imprese, con particolare riferimento al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato, anche mediante interventi di ristrutturazione ricostruttiva”.
Tuttavia, in attesa che in sede di conversione in legge del decreto possano essere risolte alcune criticità, la novella non appare al momento idonea a garantire il superamento delle difformità urbanistico-edilizie che paralizzano spesso il mercato immobiliare.