Distanze legali: non trovano applicazione per i dehors

Torna all’attenzione della giurisprudenza amministrativa la questione della riconducibilità o meno dei cd. dehors nella categoria della costruzione e della conseguente applicabilità del regime delle distanze legali tra fabbricati.

Sul tema – quantomai attuale, stante la proliferazione di strutture qualificabili come dehors posti a servizio delle attività commerciali alla quale si è assistito nel lungo periodo di emergenza pandemica – è intervenuto il Consiglio di Stato che, nella recente sentenza n. 304 del 2023, ha escluso l’assoggettamento di tali manufatti alla normativa statale in materia di distanze tra fabbricati di cui al D.M. n. 1444/1968, dovendo invece risultare conformi soltanto alla regolamentazione comunale.

Questo il caso sottoposto al Collegio: i titolari di un bar avevano installato su suolo pubblico, in forza di apposita autorizzazione, una struttura ombreggiante – vale a dire, un dehors – a una distanza variabile da 1,77 a 2.01 metri dall’edificio ospitante (tra l’altro) il bar di cui costituisce pertinenza, nel rispetto delle prescrizioni del Piano dell’arredo urbano vigente nel territorio comunale.

I proprietari degli appartamenti sovrastanti il locale contestavano la legittimità dell’intervento, lamentando il posizionamento del manufatto a distacco inferiore alla distanza minima di 10 metri tra fabbricati imposta dal D.M. n. 1444/1968.

I giudici di Palazzo Spada hanno preliminarmente sancito che la struttura in parola “non va qualificata come costruzione vera e propria in senso giuridico, ma costituisce […] un’attrezzatura speciale a servizio di attività commerciale”.

Muovendo da tale presupposto, il Consiglio di Stato ha così affermato che “la categoria in questione è legittimata dal combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) del comma 1 dell’art. 3 del t.u. 6 giugno 2001 n. 380. Il punto (e.5) include tra le nuove costruzioni gli <ambienti di lavoro>, specificando che gli stessi possono essere costituiti anche da prefabbricati o strutture di qualsiasi genere”, precisando che ai sensi del “punto (e.6) … ricade nella potestà regolatoria dei comuni l’individuazione delle pertinenze ai fini urbanistici, sottratte alla disciplina delle nuove costruzioni, con il limite per cui esse non devono superare il 20% del volume dell’edificio principale”.

Il Collegio ha concluso che “è quindi possibile realizzare una struttura di questo tipo… rispettando non le distanze di cui al d.m. 1444/1968, ma quelle stabilite in concreto per la categoria dal Comune interessato”.

Fermo restando che, nel caso di specie, si osserva nella pronuncia n. 304 del 2023 “la non necessità di rispettare le distanze di cui al d.m. n. 1444/1968 risulta in base ad un’altra ragione, trattandosi, come non è controverso, di costruzione realizzata sul suolo pubblico, che a tale normativa non è soggetta per giurisprudenza costante”.

In definitiva, il Consiglio di Stato, confermando la legittimità del dehors oggetto del contendere, ha dichiarato che, in tema di distanze, queste strutture sono assoggettate esclusivamente alla disciplina dei regolamenti comunali di volta in volta interessati, purché non superino il 20% del volume dell’edificio principale cui risultano funzionalmente connessi.