Riflessi dello “stato legittimo degli immobili” sull’attività catastale

È sempre più attuale il tema della potenziale incongruenza tra le planimetrie catastali e lo stato legittimo degli immobili.

Questione dibattuta rispetto alla quale i tecnici pongono, tra gli altri, gli interrogativi a cui si cercherà di rispondere di seguito, pur senza alcuna pretesa di completezza.

1) La disciplina relativa allo stato legittimo degli immobili ha innovato la materia catastale?

In linea teorica no.

In effetti, il comma 1-bis dell’articolo 9-bis del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico dell’Edilizia), introdotto dal D.L. n. 76 del 2020 (cd. “Decreto Semplificazioni”), si è limitato a codificare per la prima volta un concetto all’apparenza scontato: lo stato legittimo non è altro che la ricostruzione storica dei titoli che hanno autorizzato ogni porzione del fabbricato (non essendo invece sufficiente il “titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento … a prescindere dal relativo oggetto”; cfr. TAR Campania, sez. II, n. 1358/2021).

E ciò come presupposto sia per qualsiasi nuovo intervento edilizio, sia per ipotesi di trasferimento/compravendita del fabbricato.

2) Pertanto il tecnico, quando redige una planimetria catastale, è tenuto solo a verificare la coerenza con lo stato di fatto?

La risposta potrebbe essere affermativa.

Tuttavia, non vanno trascurate le implicazioni derivanti da una planimetria catastale attestante uno stato di fatto che si ponga in contrasto con il cd. stato legittimo, ossia con i titoli abilitativi edilizi che hanno legittimato la costruzione o i suoi mutamenti.

In particolare, nell’ambito delle compravendite immobiliari:

– se per un verso potrebbe essere sufficiente – ai sensi del comma 1-bis, dell’art. 29, legge n. 52/1985 (introdotto dal d.l. n. 78/2010) – una planimetria catastale che sia coerente con il mero stato di fatto,

– per altro verso, la presenza di difformità urbanistico-edilizie – e la conseguente discrasia tra la planimetria catastale e lo stato di diritto dell’immobile – potrebbe generare equivoci e contenziosi.

3) Ciò significa che compete al tecnico incaricato dell’aggiornamento catastale anche l’accertamento dello stato legittimo dell’immobile?

Ovviamente no.

A meno che non venga conferito al professionista uno specifico incarico aggiuntivo.

Anche perché le due attività – la redazione della planimetria catastale e la verifica dello stato legittimo – presuppongono prestazioni e compensi senz’altro differenti.

4) Quali rimedi può dunque adottare il professionista per evitare eventuali profili di responsabilità?

Una opportuna cautela potrebbe essere l’inserimento, all’interno dell’incarico professionale, di una clausola che specifichi che dalla prestazione è esclusa l’attività di accertamento dello stato legittimo dell’immobile.

Si potrebbe inoltre proporre l’aggiunta di una dichiarazione circa la consapevolezza del committente sulla natura ed entità della prestazione affidata, quale ad esempio: “il committente è consapevole che l’incarico conferito è limitato alla redazione di planimetrie catastali rappresentative dello stato di fatto dell’edificio, che il committente stesso dichiara essere conformi allo stato legittimo dell’immobile, esentando quindi il professionista dallo svolgimento di qualsivoglia ulteriore attività di accertamento e di accesso agli atti presso la p.a., manlevandolo da ogni eventuale responsabilità al riguardo anche nei confronti di terzi”.

5) Questa clausola potrebbe sollevare il tecnico da ogni responsabilità?

Sicuramente una clausola di questo tipo potrebbe inibire eventuali iniziative risarcitorie da parte del committente, talvolta coinvolto – nella sua qualità di venditore dell’immobile – in azioni di nullità o di inadempimento promosse dalla parte acquirente che abbia rilevato la presenza di abusi edilizi nello stabile.

Il riferimento aggiuntivo alla manleva potrebbe poi contenere il danno nell’ipotesi estrema – certamente residuale – di coinvolgimento del professionista in procedimenti promossi da terzi.