Immissioni rumorose: il Comune è responsabile nel caso di superamento in strada della normale tollerabilità

Nel periodo estivo, di regola si acuisce la questione degli schiamazzi notturni da parte degli avventori degli esercizi commerciali.

Appare allora di particolare interesse la decisione della Corte di Cassazione del 23.5.2023, n. 14209 (link), che ha accertato una sorta di responsabilità omissiva, in capo al Comune di Brescia, in relazione all’obbligo di far cessare le immissioni nocive prevenienti dalla strada, a causa del pregiudizio arrecato alla quiete pubblica.

Il caso è stato posto da due coniugi che avevano convenuto in giudizio il Comune, deducendone appunto la responsabilità per le immissioni di rumore nella propria abitazione, nelle sere di fine settimana del periodo estivo, prodotte dai clienti dei locali della zona, ben oltre l’orario di chiusura degli stessi.

Non è da trascurare che, in primo grado, il Tribunale di Brescia aveva condannato il Comune:

1) “a far cessare le immissioni di rumore nella proprietà degli attori provenienti da via [omissis] ovvero ad adottare le cautele idonee a riportare dette immissioni entro la soglia della normale tollerabilità, mediante la predisposizione di un servizio di vigilanza, organizzato per tutte le sere dal giovedì alla domenica nei mesi da maggio ad ottobre, con impiego di agenti comunali che si adoperino, entro la mezz’ora successiva alla scadenza dell’orario di chiusura degli esercizi commerciali autorizzati, a far disperdere ed allontanare dalla strada comunale via [omissis] le persone che stazionano lungo la stessa“;

2) “al pagamento della somma di Euro 20.000,00, in favore di ciascun attore a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale”;

3) “al pagamento della somma di Euro 9.049,70, oltre interessi, in favore della N. a titolo di danno patrimoniale”.

La pronuncia, riformata in appello, è stata poi oggetto di impugnazione avanti la Suprema Corte che ha invece, come detto, riconosciuto la responsabilità comunale, ritenendo errata la decisione della Corte d’Appello, “poiché la tutela del privato che lamenti la lesione, anzitutto, del diritto alla salute (costituzionalmente garantito e incomprimibile nel suo nucleo essenziale (Cost., art. 32), ma anche del diritto alla vita familiare (convenzionalmente garantito (art. 8 CEDU: cfr., tra le altre, Cass. n. 2611/2017Cass. n. 19434/2019Cass. n. 21649/2021) e della stessa proprietà (che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini l’affievolimento (Cass. n. 1636/1999), cagionata dalle immissioni (nella specie, acustiche) intollerabiliex art. 844 c.c., provenienti da area pubblica (nella specie, da una strada della quale la Pubblica Amministrazione è proprietaria), trova fondamento, anche nei confronti della P.A., anzitutto nelle stesse predette norme a presidio dei beni oggetto dei menzionati diritti soggettivi”.

La P.A. è tenuta, invero, “ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l’appunto, un’attività soggetta al principio del neminem laedere” (cfr. Cass., S.U., n. 21993/2020; Cass., S.U., n. 25578/2020; Cass., S.U., n. 23436/2022; Cass., S.U., n. 27175/2022; Cass., S.U., n. 5668/2023).

Appurata, quindi, la titolarità dal lato passivo del Comune convenuto, la Corte di Cassazione ha inoltre statuito che “la domanda di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dagli attori in conseguenza delle immissioni acustiche intollerabili, non postula alcun intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque, non spiega alcuna incidenza rispetto al perimetro dei limiti interni della relativa giurisdizione, ma richiede soltanto la verifica della violazione da parte della P.A. del principio del neminem laedere e, dunque, della sussistenza o meno della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver mancato di osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni quale condotta, connotata da c.d. colpa generica, determinativa di danno ingiusto per il privato”.

Si tratta, dunque, di un precedente davvero significativo, che potrebbe incidere nella gestione comunale degli esercizi commerciali, al fine di garantire ai privati confinanti – spesso abbandonati e costretti a promuovere onerose azioni dirette nei confronti dei gestori dei locali – una maggiore tutela, soprattutto nelle fasce orarie serali e notturne.