Distanze e immobili abusivi: come orientarsi?

Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 7.6.2021, n. 4307: link) torna pronunciarsi su una questione davvero insidiosa.

Capita spesso, infatti, di tollerare la presenza di manufatti abusivi nei pressi dei confini.

Tuttavia, la noncuranza può costare cara, se ciò avviene in sede di progettazione di nuovi fabbricati o ampliamenti.

Muovendo dal noto presupposto che “la finalità della disciplina pubblicistica sulle distanze tra le costruzioni è quella di preservare l’ordinato sviluppo dell’attività edilizia, nonché quella di preservare la salute dei cittadini, evitando il prodursi di intercapedini malsane (cfr. Cons. St., Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 856; Cons. St., Sez. IV, 30 agosto 2016, n. 3510)”, i Giudici di Palazzo Spada hanno invero concluso che “all’atto del rilascio del permesso di costruire per una nuova costruzione, devono comunque essere rispettate le distanze previste dalle norme applicabili, anche in riferimento ad un fabbricato che risulti abusivo”.

Ove si volesse ragionare diversamente, d’altronde, la richiamata “finalità della disciplina sulle distanze verrebbe ad essere sostanzialmente vanificata, posto che il mancato rispetto delle distanze da un fabbricato, nonostante il carattere abusivo dello stesso, porta di fatto a quel disordinato svilupparsi dell’attività edilizia ed al formarsi di intercapedini insalubri che l’ordinamento vuole evitare (cfr. Cons. St., Sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 702)”.

Si badi bene però che tener conto dell’esistenza di preesistenti fabbricati non autorizzati ai fini del computo delle distanze “non implica la conservazione dell’abuso, ma impone la sua tempestiva repressione, da eseguire prima di consentire la trasformazione dell’assetto territoriale”.

In altri termini, “non si traduce in un inammissibile beneficio per il responsabile dell’illecito edilizio o comunque per il proprietario delle relative opere abusive, ma in una regola di condotta a tutela di interessi pubblici e di beni costituzionalmente garantiti”.

Del resto, “soltanto assicurando (ove previsto) la previa rimozione delle opere abusive, si assicura un ordinato sviluppo dell’attività edilizia e si evita la formazione di intercapedini insalubri, nocive per la salute dei cittadini, che, altrimenti, ove si escludesse ogni rilevanza alla preesistenza di interventi abusivi — sarebbe esposta a pericolo per effetto dell’edificazione di nuove costruzioni in violazione delle distanze minime prescritte in relazione ad un fabbricato (ancorché abusivo, comunque di fatto ancora) esistente”.

Tanto che, nel caso sottoposto al vaglio della Sezione VI del Consiglio di Stato, si è stabilito che “l’Amministrazione non avrebbe potuto legittimamente autorizzare l’edificazione di una nuova costruzione che, tenuto conto dello stato di fatto esistente al momento della formazione del titolo abilitativo edilizio, avrebbe determinato la violazione della disciplina sulle distanze tra costruzioni”.

Potrebbe allora essere opportuno – anche se decisamente scomodo nella prassi – accertare la possibilità di ottenere la demolizione spontanea o coattiva del manufatto abusivo nei pressi del confine, prima di intraprendere qualsivoglia nuova edificazione.