Il recupero degli immobili rurali dismessi per uno sviluppo sostenibile

Nel perseguire «l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile», il legislatore regionale è intervenuto con legge n. 18/2019, delineando una serie di misure e procedure volte a promuovere gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

Tra gli strumenti a tal fine individuati assume senz’altro rilevanza la disciplina dettata per il recupero dei fabbricati rurali dismessi, contemplata dall’art. 40-ter della L.R. n. 12/2005, così come novellata dalla citata L.R. n. 18/2019.

La norma in esame sancisce, al comma 1, che «il recupero degli edifici rurali dismessi o abbandonati costituisce attività di pubblico interesse ai fini dell’applicazione della deroga alle previsioni dei piani urbanistici generali dei comuni di cui all’articolo 40. Per tali interventi di recupero è, altresì, attribuita facoltà di deroga anche alle previsioni dei piani territoriali degli enti sovracomunali, secondo quanto disposto dal comma 4».

Tanto premesso, l’art. 40-ter stabilisce: «gli edifici rurali dismessi o abbandonati dall’uso agricolo ed esistenti alla data di entrata in vigore della legge regionale [n.d.r. n. 18/2019] individuati nei PGT […] ovvero mediante perizia che asseveri lo stato di dismissione o abbandono da almeno tre anni, presentata al comune dall’avente titolo unitamente all’istanza di intervento edilizio, possono essere oggetto di recupero e di uso anche diverso da quello agricolo, nel rispetto dei caratteri dell’architettura e del paesaggio rurale, purché non siano stati realizzati in assenza di titolo abilitativo, se prescritto dalla legislazione o regolamentazione allora vigente, e non siano collocati in aree comprese in ambiti non soggetti a trasformazione urbanistica, di cui agli articoli 10 e 10-bis. L’intervento di recupero non deve costituire interferenza con l’attività agricola in essere».

La norma prosegue specificando che, per gli interventi relativi alla descritta tipologia di edifici, «la deliberazione del Consiglio comunale assunta ai sensi dell’articolo 40 determina, con esclusione della nuova costruzione, la qualificazione edilizia dell’intervento, la sua entità con il limite, per gli ampliamenti, del 20 per cento della superficie lorda esistente, la destinazione d’uso con esclusione di quelle produttivo-industriali e commerciali, a eccezione degli esercizi di vicinato, e le relative dotazioni urbanistiche. Tale deliberazione attesta, altresì, la compatibilità del recupero con il contesto agricolo dei luoghi».

Inoltre, «i contributi di costruzione di cui al Titolo I, Capo IV, della Parte II della presente legge sono ridotti del 50 per cento e a essi non si applicano le ulteriori riduzioni previste dalla presente legge …».

Il legislatore regionale ha dunque inteso perseguire la finalità di valorizzazione ambientale contemplando, all’art. 40-ter, la possibilità di riqualificare gli immobili dismessi dall’uso agricolo, in deroga agli strumenti urbanistici generali, prevedendo al contempo ulteriori misure di incentivazione.

Pertanto, nel rispetto del superiore interesse pubblico alla rigenerazione urbana e territoriale cui è preordinata la disciplina enunciata all’art. 40-ter, le eventuali difformi previsioni di pianificazione territoriale comunale generale e attuativa sono destinate a recedere.

È stata così assicurata una sorta di corsia preferenziale per tutti quegli interventi che permettono di evitare ulteriore consumo di suolo, recuperando viceversa volumetria esistente.