SUAP in variante al PGT per l’ampliamento di attività economiche: deve essere assicurato un bilancio ecologico del suolo non superiore a zero?

L’esigenza di ampliamento delle attività economiche esistenti spesso contrasta con le prescrizioni di riduzione del consumo di suolo stabilite dalla l.r. n. 31/2014 (recante «Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del suolo degradato»).

Non è infrequente, infatti, che i comuni oppongano il divieto stabilito dall’art. 5, comma 4 («Norma transitoria»), alle varianti generali o parziali del documento di piano e piani attuativi in variante al documento di piano, laddove non sia possibile assicurare un bilancio ecologico del suolo non superiore a zero.

Tuttavia, una lettura più attenta della disciplina regionale, così come modificata sul punto dalla l.r. n. 16/2017, può portare ad una soluzione interpretativa più equilibrata, che salvaguardi anche il contrapposto interesse – di rilievo costituzionale – alla tutela dell’iniziativa economica.

Del resto, con l’introduzione del SUAP, la cui disciplina è rinvenibile nel d.P.R. n. 160/2010, il legislatore ha inteso istituire uno strumento di semplificazione volto ad agevolare i rapporti tra il privato e la p.a. nell’ambito dei procedimenti amministrativi afferenti all’avvio, all’esercizio e allo sviluppo delle attività economiche.

L’art. 2 del d.P.R. n. 160/2010 riconduce invero al SUAP «tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività, ivi compresi quelli di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59».

Nel perseguire la suddetta finalità, l’art. 8 della medesima normativa – richiamato, a livello regionale, dall’art. 97, l.r. n. 12/2005 – stabilisce oltretutto che:
nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l’applicazione della relativa disciplina regionale, l’interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica. Qualora l’esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, ove sussista l’assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile”.

La giurisprudenza in merito, ribadendo a sua volta che «la procedura attivata mediante lo sportello unico per le attività produttive (SUAP)… assume lo scopo di rendere più celere l’insediamento sul territorio di “attività produttive” anche attraverso una procedura di variante allo strumento urbanistico generale interessato”, ha ulteriormente puntualizzato che

“l’istituto in esame, comportando una possibilità di deroga alle procedure ordinarie di pianificazione territoriale, va correttamente inteso nei limiti suoi propri, a pena di uno stravolgimento del sistema, per cui risulta chiaro che, per poter legittimamente promuovere la procedura di SUAP in variante al piano urbanistico generale, è indispensabile la sua effettiva inerenza ad una attività produttiva, che deve emergere con chiarezza dagli atti sottoposti all’amministrazione” (TAR Brescia, sez. I, 4.2.2013, n. 126).

Alla luce di quanto sopra, una eventuale proposta di ampliamento di un’attività economica è dunque riconducibile alla disciplina del SUAP allorché:

I) sussista un’attività economica/produttiva da tempo avviata;
II) l’esigenza di espansione sia ravvisabile nel progressivo sviluppo dell’attività;
III) il rischio di ogni eventuale intento speculativo possa essere scongiurato mediante la stipula della convenzione di cui all’art. 97, comma 5 bis, della l.r. n. 12/2005;
IV) lo strumento urbanistico generale non individui aree destinate all’esercizio di attività produttive in continuità con il compendio esistente, con conseguenti riflessi in termini di irrazionalità nell’organizzazione dell’attività, in particolare sul piano logistico.

Né parrebbero ravvisabili eventuali limitazioni all’ampliamento mediante SUAP derivanti dalla l.r. lombarda n. 31/2014.

In realtà, in deroga al divieto generale di consumo di suolo, l’art. 5 della richiamata normativa regionale delinea una disciplina transitoria in virtù della quale – fino all’adeguamento dei PGT alla pianificazione territoriale superiore «e, comunque, fino alla definizione nel PGT della soglia comunale del consumo di suolo»,

«i comuni possono approvare… le varianti finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale, all’ampliamento di attività economiche già esistenti nonché le varianti di cui all’articolo 97 della l.r. 12/2005».

Pertanto, il legislatore regionale, nelle more dell’adeguamento dei PGT agli strumenti di pianificazione regionale e provinciale, ha ritenuto espressamente assentibili, riconoscendone la compatibilità con la ratio sottesa alla l.r. n. 31/2014, le varianti allo strumento urbanistico comunale preordinate «all’ampliamento di attività economiche già esistenti» e quelle «di cui all’articolo 97 della l.r. 12/2005».

Tale affermazione è peraltro supportata da diversi fattori, desumibili dall’interpretazione non solo letterale, ma anche logica e sistematica del dettato normativo.

1. In primo luogo, si osserva che l’art. 5 anche nella sua originaria enunciazione contemplava la possibilità di effettuare “ampliamenti di attività economiche già esistenti”, così prevedendo una deroga esplicita al regime restrittivo imposto – volto ad inibire nuovo consumo di suolo – in tema di trasformazione urbanistica.

D’altra parte, secondo l’indirizzo espresso con il comunicato regionale 25.3.2015, n. 50, intervenuto per fornire chiarimenti in ordine alla portata applicativa della l.r. n. 31/2014, è stato riconosciuto che “l’individuazione di nuove aree di trasformazione è da considerare pertanto preclusa, fatte salve due eccezioni puntualmente indicate, ossia gli <ampliamenti di attività economiche già esistenti> e le varianti <finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale>”, precisando che “in relazione alla prima delle due fattispecie… presupposto per la variante in ampliamento, possibile anche a mezzo di procedura SUAP, è che l’attività economica sia in essere”.

Ancora, è stato specificato che, «trattandosi di una norma speciale, che reca una deroga, la opportuna interpretazione richiede che l’area interessata dall’ampliamento sia limitrofa all’insediamento esistente, che risulti adeguatamente dimostrata la necessità dell’ampliamento, nonché motivata la necessità di consumo del suolo».

Sicché appariva indubbia, nella versione antecedente della legge regionale, la previsione di un’eccezione al divieto di consumo di suolo rappresentata dall’ampliamento di attività economiche esistenti.

2. Neppure la nuova formulazione della disciplina regionale, novellata a seguito della l.r. n. 16/2017, ha in alcun modo scalfito l’eccezione posta sin dal 2014.

La tesi illustrata è senz’altro confortata da un elemento ravvisabile nella tecnica redazionale della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 4.

Si badi infatti che il legislatore ha differenziato, subordinandole ad una distinta regolamentazione (come nell’originaria impostazione), le:

a) «varianti generali o parziali del documento di piano e piani attuativi in variante al documento di piano»,
b) dalle «varianti finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale, all’ampliamento di attività economiche già esistenti nonché le varianti di cui all’articolo 97 della l.r. 12/2005».

Specificamente, per le varianti riconducibili alla lettera a), individuate nel primo periodo del comma 4, è consentita l’approvazione, purché sia garantito «un bilancio ecologico del suolo non superiore a zero» (mentre in passato era stato disposto un divieto).

Al contrario, per l’ipotesi b), vale a dire le «varianti finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale, all’ampliamento di attività economiche già esistenti nonché le varianti di cui all’articolo 97 della l.r. 12/2005» indicate al quarto periodo, non è prevista – come anche nel 2014 – alcuna limitazione.

Ciò è quanto si desume dalla struttura dell’art. 5, comma 4, che reca appunto la specifica disciplina delle varianti preordinate all’ampliamento di attività economiche nel quarto periodo, distinguendola da quelle indicate al primo periodo della norma.

È del resto evidente che la scelta del legislatore di operare una scissione – anche dal punto di vista formale – tra le varie categorie comportanti consumo di suolo non sarebbe comprensibile se fossero tutte assoggettate al medesimo trattamento.

Ne deriva che le varianti dirette all’ampliamento di attività economiche non debbono rispettare la prescrizione del «bilancio ecologico del suolo non superiore a zero» viceversa imposta per le varianti indicate alla lettera a).

3. Il dato letterale non pare poi discostarsi da quanto sopra rilevato.

L’art. 5, al comma 4, recita testualmente: «i comuni possono approvare, altresì, le varianti finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale, all’ampliamento di attività economiche già esistenti nonché le varianti di cui all’articolo 97 della l.r. 12/2005. Il consumo di suolo generato dalle varianti di cui al precedente periodo concorre al rispetto della soglia regionale e provinciale di riduzione del consumo di suolo (…)».

L’utilizzo dell’avverbio «altresì» non sembra lasciare margini di dubbio circa la volontà del legislatore regionale di ammettere, oltre alle varianti generali o parziali del documento di piano, proprio quelle volte a consentire ampliamenti di attività economiche e, in generale, le varianti attivabili attraverso la procedura di SUAP.

Ancora, coerentemente con tale lettura, la disposizione in esame riconosce che il consumo di suolo derivante dall’attuazione delle «varianti di cui al precedente periodo» – ovverosia, esclusivamente quelle «finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale, all’ampliamento di attività economiche già esistenti nonché le varianti di cui all’articolo 97 della l.r. 12/2005» – «concorre al rispetto della soglia regionale e provinciale di riduzione del consumo di suolo».

La norma ha inteso in tal modo legittimare il consumo di suolo generato dalle suddette varianti, ammettendo che lo stesso «concorra» e quindi contribuisca, ovvero, in altri termini, debba essere computato in relazione alle soglie fissate a livello regionale e provinciale.

4. Oltretutto, a conforto della tesi sopra delineata, è intervenuto il progetto di integrazione del PTR (approvato con d.c.r. n. XI del 19.12.2018), individuando tra i criteri per l’attuazione della politica di riduzione del consumo di suolo quelli disciplinati all’art. 2.2.3, secondo cui «le varianti di cui all’art. 97 della l.r. 12/2005 (Progetti presentati allo Sportello Unico per le Attività Produttive comportanti variante al PGT), a esclusione di quelle per attività di logistica o autotrasporto incidenti su una superficie agricola o naturale di superficie territoriale superiore a 5.000 mq, sono da considerare quali componenti del fabbisogno di “altre funzioni urbane” e sono comunque ammissibili ancorché comportanti consumo di suolo.

In definitiva, non sono rinvenibili ragioni ostative all’attivazione di un SUAP finalizzato a consentire l’espansione di un’attività economica, senza che debba essere garantito – diversamente da altre varianti al PGT – un bilancio ecologico del suolo non superiore a zero.