Immobili ante ‘67: inutile la verifica dello stato legittimo?

Quante volte è stata posta la domanda: “ma se il mio fabbricato è stato costruito prima del 1967 non è necessaria alcuna licenza edilizia, vero?

La risposta all’interrogativo è però indubbiamente negativa.

L’equivoco, come noto, è stato indotto dall’art. 40, comma 2, legge n. 47/1985, secondo cui per la commerciabilità degli immobili (mediante rogiti notarili aventi ad oggetto “diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici la loro parti”) è sufficiente una “dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo…, attestante che l’opera risulta iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967”.

Tuttavia, l’esenzione è limitata alla sola formale commerciabilità del bene, senza alcun effetto riguardo alla sua conformità urbanistico-edilizia.

In altre parole, quand’anche abusivo, l’immobile potrebbe essere validamente trasferito, ferme restando però:

  • le prerogative comunali di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia;
  • le iniziative dell’acquirente volte ad ottenere il risarcimento del danno per le eventuali difformità dal titolo edilizio.

Ad alimentare l’erronea credenza ci ha pensato da ultimo il cd. Decreto Semplificazioni bis (d.l. n. 77/2021, convertito in legge con l. n. 108/2021) che, nel delineare la nuova CILAS o CILA-SUPERBONUS, ha eliminato l’obbligo di asseverazione dello stato legittimo degli immobili, prevedendo, in alternativa, una mera attestazione – tra le altre – che “la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967.

Al di là dell’incoerenza del riferimento al “completamento” piuttosto che all’“inizio” dell’edificazione, è evidente che il richiamo all’ante ‘67 come apparente sinonimo di liberalizzazione possa generare ancora una volta convinzioni distorte.

In realtà, sono individuabili indicativamente i seguenti tre periodi:

1. ante 1942

vale a dire prima dell’entrata in vigore il 31.10.1942 della Legge Urbanistica (l. 17.8.1942, n. 1150), l’iniziativa edilizia privata era pressoché libera, ad eccezione delle realtà – per lo più comuni capoluogo come Bergamo – in cui erano stati adottati regolamenti comunali (anche in forza del r.d.l. n. 640/1935 o di disposizioni precedenti)

2. tra il 1942 e il 1967

con l’entrata in vigore della Legge Urbanistica, è stato introdotto l’obbligo di licenza edilizia:

    • ove vigente un piano regolatore comunale (o regolamenti edilizi)
    • nel centro abitato (che va individuato nella situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue vicine, anche distante dal centro, ma suscettibile di espansione; cfr. Stato, n. 5173/2014); anche la frazione può essere considerata centro abitato poiché caratterizzata da una seppur limitata forma di aggregazione abitativa

3. dopo il 1967

con l’entrata in vigore il 1.9.1967 della cd. Legge Ponte (l. 6.8.1967, n. 765), è stato esteso l’obbligo della licenza edilizia a tutto il territorio comunale.

Nulla a che vedere, perciò, con la (erronea) percezione di indifferenza, rispetto ad eventuali difformità o assenza di titoli, per gli immobili ante ‘67.

A conforto di tale pacifica interpretazione è sufficiente esaminare la “modulistica edilizia unificata e standardizzata” approvata dalla Regione Lombardia con il decreto dirigenziale 12.5.2021, n. 6326 (link), in cui nel quadro f) relativo alla “regolarità urbanistica ai precedenti edilizi” si chiede al “titolare” di CILA, SCIA, SCIA alternativa al PDC e PDC (con il supporto del proprio progettista) di attestare la conformità del fabbricato primaedopo il 1942, e non solo dopo il 1967.

Pertanto, anche in presenza di immobili ante ‘67, occorre comunque prudenzialmente effettuare un accesso agli atti per accertarne lo stato legittimo, sia per rendere la dichiarazione in sede di rogito di compravendita, sia per la presentazione di un’istanza volta all’ottenimento di un nuovo titolo abilitativo.