La Cassazione dice sì alla servitù di veduta, anche se l’opera non è ultimata.

La proprietaria di un immobile citava in giudizio l’intestatario dell’appartamento sottostante, chiedendo che quest’ultimo venisse condannato a rimuovere la copertura della veranda che, posta a una distanza inferiore rispetto ai 3 metri stabiliti dall’art. 907 c.c., riteneva lesiva della servitù di veduta da lei esercitata dal suo balcone-veranda.

Riferiva che, originariamente, i due fondi erano appartenuti ad un unico proprietario, che aveva edificato le unità immobiliari del complesso residenziale mediante la costruzione, appunto, di verande e balconi, idonei a costituire una servitù apparente di veduta a favore dell’appartamento al primo piano e a carico di quello al piano terra.

Riteneva quindi che, quando i due fondi avevano cessato di appartenere allo stesso proprietario, si fosse di diritto costituita una servitù di veduta a favore del fondo soprastante e gravante su quello al piano terra ai sensi dell’art. 1062 c.c., secondo cui «La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù».

Mentre il Tribunale rigettava tale ricostruzione, la Corte d’Appello condivideva invece quanto dedotto dall’attrice, accertando la lesione dei suoi diritti a causa dell’opera realizzata dal vicino.

Quest’ultimo si rivolgeva dunque alla Suprema Corte e negava la sussistenza della servitù di veduta.

Richiamando i principi applicabili all’ipotesi di permuta di cosa presente con cosa futura, eccepiva che, all’epoca in cui i due immobili erano stati assegnati a due distinti proprietari, non potevano dirsi sussistenti i presupposti della servitù, posto che il balcone-veranda dell’attrice non era ancora praticabile, accessibile e munito di idoneo parapetto, così da rendere impossibile, in quel momento, un concreto esercizio della veduta.

La fattispecie in esame ha così dato alla Suprema Corte l’occasione di ricordare che l’art. 1062 c.c. non richiede affatto che l’opera attraverso la quale la servitù è esercitata sia ultimata, essendo sufficiente che vi siano opere naturali o artificiali, di natura permanente, obiettivamente destinate all’esercizio della servitù, che rivelino, in maniera non equivoca, l’esistenza di un peso sul fondo servente.

Sul presupposto che «deve … riconoscersi la possibilità della costituzione ai sensi dell’art. 1062 c.c. … di una servitù di veduta da una terrazza sebbene l’opera, al momento della separazione, sia in stato tale da non potersi utilizzare», la Corte ha quindi rigettato il ricorso del proprietario del fondo servente.

(Corte di Cassazione, Sezione Sesta civile, ordinanza n. 7783/2020, depositata il 10.4.2020)