All’indomani dell’entrata in vigore del cd. Decreto Salva Casa, è stato dato molto risalto a quello che è stato definito come un vero e proprio “condono” (surrettizio, però) di quanto riportato nelle tavole allegate all’ultimo titolo abilitativo.
La lettura ministeriale divulgata dai mezzi di informazione del riformato art. 9-bis, comma 1-bis, d.p.r. n. 380/2001 ha portato, infatti, a far propendere per un’interpretazione ampia della norma, laddove stabilisce che lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare può essere ricondotto all’ultimo titolo edilizio “a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi”.
In altri termini, secondo tale assunto, sarebbe sufficiente aver disegnato nei progetti qualunque manufatto abusivo, quand’anche non espressamente oggetto dello specifico titolo edilizio, per ritenerlo automaticamente sanato.
Per di più senza limiti quantitativi e senza alcuna sanzione da versare.
Le Linee di indirizzo e i criteri interpretativi pubblicati lo scorso 30.1.2025 (link) hanno poi cercato di superare ogni perplessità degli operatori affermando che “la verifica della legittimità dei titoli pregressi da parte dell’amministrazione competente può essere presunta qualora nella modulistica relativa all’ultimo titolo edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare siano stati indicati gli estremi dei titoli pregressi sulla base del presupposto che, in sede di rilascio di ciascun titolo, l’Amministrazione è chiamata a verificare puntualmente, in base alla documentazione tecnica fornita dal richiedente, eventuali situazioni di difformità che ostano al rilascio del medesimo”.
Con la conseguenza che, sempre in virtù della (discutibile) lettura ministeriale, “in presenza di eventuali difformità non rilevate dall’Amministrazione in sede di rilascio dei titoli pregressi non potrà, quindi, contestarsi la mancanza di stato legittimo dell’immobile”.
Tuttavia, anche in ragione della palese disparità di trattamento determinata tra chi usufruisce (e ha usufruito) delle sanatorie onerose e chi potrebbe limitarsi ad asseverarne la legittimità come stato legittimo, le pronunce giurisprudenziali di segno contrario non si sono fatte attendere.
Anzi, addirittura pochi giorni prima della pubblicazione delle Linee Guida è intervenuto, invero, il Tar Milano (sentenza del 25.1.2025, n. 227 link) stabilendo che il richiamato l’art. 9-bis, comma 1-bis, nella versione attualmente vigente, “subordina la sussistenza dello stato legittimo dell’immobile alla condizione che l’Amministrazione, in sede di rilascio di un titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, non ammettendosi una implicita attestazione della loro regolarità”.
Sicché il progetto “…si limita a rappresentare uno stato di fatto, ossia la presenza di un bagno nel sottotetto e due camere dotate di finestre sul lato est, ma ciò non è idoneo ad attestare la natura abitativa legittima del sottotetto, poiché la circostanza che un’opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può infatti comportarne la regolarizzazione postuma”.
In realtà, già il Consiglio di Stato aveva avuto modo di chiarire che “non può esistere né è giuridicamente configurabile un atto di assenso implicito ad opere abusive, non fondato sull’esplicito e consapevole riconoscimento della loro esistenza difforme … semplicemente rappresentate in un elaborato grafico a corredo di un’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione per altre e diverse opere” (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 18.2.2025, n. 1382).
D’altro canto “la rappresentazione di un manufatto abusivo nelle pratiche edilizie, aventi ad oggetto opere da eseguirsi altrove, non legittima ipso facto l’immobile”; “né … il fatto che in passato, il Comune abbia assentito la realizzazione di lavori sul manufatto abusivo per cui è causa fonda la pretesa di ottenere la sanatoria richiesta” (Cons. Stato, sez. VI, 9.12.2024, n. 9877).
Non può pertanto che essere suggerita ai tecnici la massima prudenza nella asseverazione dello stato legittimo, privilegiando il ricorso alle sanatorie onerose prima di invocare soluzioni all’apparenza semplificatorie, la cui legittimità/costituzionalità però potrebbe essere sconfessata dalla magistratura.